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Il viaggio di Fanny [Le voyage de Fanny]



Clip di presentazione del film
  Regia: Lola Doillon
Soggetto: dal libro autobiografico Le journal de Fanny di Fanny Ben-Ami
Sceneggiatura: Anne Peyrègne, Lola Doillon
Fotografia: Pierre Cottereau
Montaggio: Valérie Deseine
Scenografia: Pierre-François Limbosch
Costumi: Isabelle Pannetier
Musica: Sylvain Favre-Bulle, Gisèle Gérard-Tolini (collaborazione)
Interpreti: Léonie Souchaud (Fanny), Fantine Harduin (Erika), Juliane Lepoureau (Georgette), Ryan Brodie (Victor), Anaïs Meiringer (Diane), Lou Lambrecht (Rachel), Igor van Dessel (Maurice), Malonn Lévana (Marie), Lucien Khoury (Jacques), Cécile de France (Madame Forman), Stéphane de Groodt (Jean), Victor Meutelet (Elie), Eléa Körner (Helga), Alice d'Hauwe (Ethel)
Origine: Belgio/Francia 2015
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 94 minuti
Dai 10 anni

TRAILER UFFICIALE
Scheda film da scaricare
 

Sud della Francia, 1943. Per sottrarli alla deportazione e alla barbarie nazista, migliaia di bambini ebrei francesi vengono affidati dai propri genitori all’organizzazione francese OSE (Oeuvre de Secours aux Enfants) che conta diverse colonie clandestine. In una di queste viene accolta Fanny, tredicenne ebrea, assieme alle due sorelle Erika e Georgette. La comunicazione con i genitori è esclusivamente epistolare e ben presto questa lontananza fisica diviene un peso dilaniante.

A causa della denuncia di un prete, Fanny e tutti gli altri bambini sono costretti a essere trasferiti in un'altra colonia situata a Megève. Qui la situazione, anche a causa dell’atteggiamento rigido e autorevole di Madame Forman, si presenta più dura da affrontare, ma l'incontro con il giovane e carismatico Elie risolleva lo spirito della ragazza.

La notizia dell'arresto di Mussolini fa pensare a un'imminente fine del conflitto. In realtà, come prontamente previsto dalla signora Forman, la morsa dell'esercito tedesco si farà sempre più stretta. L'unica via di salvezza per i ragazzi diventa quindi quella di attraversare il confine per raggiungere la Svizzera. Ma prima ad Annecy e poi ad Annemasse i bambini si trovano ad affrontare prove e a fare incontri inattesi, restando soli e senza protezione. Fanny si trova così costretta a mettersi a capo del gruppo e a fare ricorso a tutto il suo coraggio per scampare ai pericoli e condurre i compagni verso la libertà.

 
 
Ci appare seduta su un albero Fanny, nell’ombra folta di un’età che sta per disfarsi. Legge una lettera di sua madre mentre di sotto i suoi compagni giocano a nascondino; sua sorella fa la conta e la chiama più volte. Tra poco nascondersi non sarà più un gioco. Segue la breve scena di uno spettacolo con le marionette: protagonisti un agnello e un lupo. L’agnello ha la voce di Fanny, ancora ignara del tempo che si avvicina in cui gli agnelli incolpevoli si disperderanno al crudele spasmo dei venti. Dai recessi del cuore la notte fa riemergere i genitori distanti, i luoghi remoti dove si sorrideva, ci si fotografava e si proiettavano ombre cinesi sul muro. Il male della storia sta per recidere l’infanzia, come un orsacchiotto calpestato sulle gradinate in un’altra sequenza iniziale.
La vita, nella sua violenza, chiede una crescita repentina. Bisogna inasprirsi per sopravvivere, imparare a essere indipendenti. Madame Forman protegge il giovane gruppo indifeso, ma al contempo lo educa al distacco, a contare sulle proprie forze. Fanny, minuto dopo minuto, prova dopo prova, diventa più matura sotto i nostri occhi, col peso della responsabilità sempre più gravoso. Elie/Etienne ha avuto il conforto e la bellezza di un’apparizione, si è dileguato nei pericoli delle soste e dei controlli, e ora non resta che il grigiore spietato della fuga. Si deve tirare avanti con i vestiti logori e i giacigli rimediati, non importa se un vagone fermo, il freddo pavimento di un interrogatorio o i ruvidi pagliericci di campagna. Degli anni verdi non restano che ritagli di sole nei prati, qualche pallone scalciato, ambienti domestici fantasticati sui resti di una casa, l’acqua di un ruscello da tirarsi addosso.
Le disposizioni del governo collaborazionista, per una scelta registica, restano in uno sfondo invisibile, vissute attraverso gli occhi vigili e terrorizzati dei bambini. Anche in questo giovane gruppo calerà un clima di tensione e sospetto. Victor ritiene Elie/Etienne un traditore ma a sua volta è considerato un traditore da Fanny perché durante l’interrogatorio, per distinguersi dai suoi compagni, si è professato cattolico; in un disperato tentativo di sfida un altro compagno grida agli ufficiali di ammazzarli tutti, una donna ebrea, nello squallido tentativo di aver salva la vita e quella di sua figlia, tradirà i bambini, ma subirà la sorte degli altri.
Non esistono occhi pietosi. Delatori e fuggiaschi finiscono indistintamente nel macero della storia. Sono leciti solo brevi squarci di pena, come il pianto di Victor e Fanny per l’assenza materna. Non si può tenere a lungo la memoria in sordina. I carnefici costringeranno a cancellare nomi e identità mentre le vittime dovranno preservare quello che è stato, senza mai cedere al rischio dell’oblio.
L’obiettivo fotografico della protagonista diventa un occhio che consente di serrare i ricordi nel cuore, bloccare la memoria che il tempo sbiadisce. Ci sarà la sete, il rifiuto di mangiare una spiga di mais acerba, i piedi sfiniti dalla corsa. Ma la sete primitiva resterà quella di una casa, di un ritorno stabile. Si resiste col sentore della libertà che si avvicina, il respiro della vita che ansima, il traguardo negli occhi per mettere in salvo lo sguardo ingenuo della piccola Georgette, condurre i compagni oltre il muro di rete. Lì, dove finalmente trema un mondo azzurro di pietà.
Andreina Sirena
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