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MIA E IL LEONE BIANCO di Gilles de Maistre

    I MESTIERI DEL CINEMA...

 

La famiglia Owen si trasferisce per la seconda volta in Sudafrica, dopo una decina d'anni trascorsi a Londra, dove è nata e cresciuta Mia che ora rifiuta drasticamente la scelta dei genitori. Mal inserita a scuola, si chiude a tutte le proposte di fraternizzare con la natura affascinante del luogo e con il lavoro del padre, allevatore di leoni. Non sta meglio Mick, il primogenito, che è periodicamente sconvolto da attacchi di panico e incubi notturni.

Il giorno di Natale nell'allevamento nasce Charlie, un cucciolo di leone bianco, una rarità che fa la felicità dei genitori, che sperano così di attirare i turisti nel bed and breakfast che stanno costruendo.

Mia inaspettatamente si affeziona al leoncino che in pochi mesi raggiunge una taglia ragguardevole. Non potendo più tenerlo in casa, inizia una sfida, a volte sotterranea, a volte esplicita, tra Mia e i genitori, preoccupati dell'incolumità della figlia che non teme la stretta vicinanza con Charlie, cui dedica tutto il suo tempo.

Quando Mick si ferisce, dopo un maldestro tentativo della madre di tenere a bada l'animale, il padre decide di vendere Charlie al losco Dirk. Mia, scoperta la tratta dei leoni, fugge nella notte per salvare il suo candido amico. Sarà un viaggio di coraggio e di scoperta, che condurrà anche a sciogliere i nodi segreti che imprigionano Mick nelle sue paure inspiegabili.

 

con Mélanie Laurent, Daniah de Villiers
durata: 98'
età consigliata: dai 10 anni
   

trailer 

Sostenuto dal Principato di Monaco - la moglie del Principe Alberto, Charlène, è cresciuta in Sudafrica - e dalla Fondazione Louis Vuitton, Mia e il leone bianco è un film dall'intento esplicitamente didascalico contro la caccia dei leoni nelle riserve africane. Pratiche legali, di cui sono quasi sempre all'oscuro i turisti, favoriscono il commercio tra allevatori e guide di safari a uso e consumo dei bianchi. Lo aveva già narrato Ulrich Seidl in Safari, documentario che assumeva il punto di vista dei cacciatori europei e americani, svelandone le pratiche aberranti e le ideologie sottostanti.

Il film di Gilles de Maistre, invece, è un racconto d'avventura che sfrutta la buona idea dello sradicamento della protagonista paragonato a quello del suo compagno leone. Mia ci appare costantemente “in cattività”, pronta a graffiare, a litigare, a rispondere male, sia in famiglia, sia a scuola. Cresciuta a Londra, ha come tramite con i vecchi compagni solo Skype e non si adegua alla nuova realtà esotica e troppo calda. Così il leoncino di cui improvvisamente la ragazzina si fa custode, quando è al massimo della sua rabbia, diventa via via sempre più ingombrante e scomodo.

Mia avverte la medesima intensità della crescita, della forza della natura di cui ormai è parte, grazie alla vicinanza con gli animali selvatici dell'allevamento. La libertà che vuole regalare a Charlie, è la stessa che vuole far ritrovare a se stessa. Le sequenze veramente di valore del film risiedono proprio in questo suo viaggio intenso in un paesaggio di straordinaria bellezza che percorre a piedi, incurante della fatica e della sete, verso la riserva di Timbavati, luogo protetto lungo l'omonimo fiume. E' a suo modo una ragazza con poteri sciamanici Mia, convinta che sia possibile una comunicazione con i leoni, che sia possibile superare l'istinto con l'amore, e uno sciamano l'accoglierà all'arrivo nella riserva.

Gli adulti fanno una ben misera figura: i genitori spaventati e contradditori negli atteggiamenti verso i figli, passano dalla compiacenza alla severità senza mezze misure, insoddisfatti soprattutto nei confronti di Mick, chiuso in se stesso, di poche parole, sopraffatto da continui incubi notturni; meschini e senza scrupoli gli altri personaggi che ruotano intorno alla famiglia Owen. Solo la governante di colore appoggerà Mia nella fuga, consegnandole le chiavi della cella di Charlie, simbolo dell'accesso a una nuova autonomia di scelte, anche etiche.

Il film, lineare e gradevole, ci avvia verso un sicuro lieto fine, ma non risparmia scontri frontali tra le generazioni, come nella scena di forte impatto in cui Mia punta il fucile e spara a suo padre una freccia di sonnifero. Nei pochi film adatti alla visione dei ragazzi, si avverte sempre più l'urgenza di richiamare gli adulti a una maggiore consapevolezza: chiusi nelle classi e inurbati in città asfittiche, i bambini soffrono al pari degli animali. La sequenza del centro commerciale che quasi si sgretola al passaggio di Mia e di Charlie, sembra indicare che, se si vuole evitare che l'innata forza vitale si risvegli con violenza oppure si ripieghi su stessa in un'apatica accettazione, nuove vie si possono aprire per dare più spazio a queste richieste: di movimento, di interrogativi, anche scomodi, di conoscenza.  Il dibattito su un film è per esperienza diretta una strada percorribile e questo è un buon film da cui partire.

Cecilia M. Voi

 

 

 

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