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LA MAFIA UCCIDE SOLO D'ESTATE di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif

..  IL CINEMA COME FABBRICA DEI SOGNI...

 

Arturo è nato a Palermo ed è stato concepito la stessa sera dell’anno in cui Totò Riina, Bernardo Provenzano, Calogero Bagarella e due affiliati del clan Badalamenti - tutti travestiti da agenti della Guardia di Finanza - uccisero Michele Cavataio dando così inizio al periodo delle stragi di mafia.

La vita di Arturo sarà sempre segnata da quell’episodio e dagli incontri con coloro che vissero quel momento storico-politico da entrambe le parti della barricata: Arturo, infatti, avrà l’occasione, inconsapevole, di conoscere il giudice Rocco Chinnici e di intervistare il generale Dalla Chiesa e poi deciderà anche di lavorare per la campagna elettorale di Salvo Lima.

Il piccolo Arturo diventa grande tra reticenze e coraggio, ma soprattutto con due passioni: quella per il giornalismo e quella per Flora, di cui è perdutamente innamorato fin dalle elementari. E poi c’è lui, l’uomo amico di tutti, il punto di riferimento più importante: Giulio Andreotti che all’epoca era Presidente del Consiglio e per Arturo incarnazione di giustizia, intelligenza e deus ex machina di tutti i mali italiani.

La strage di Capaci sarà una deflagrazione per le coscienze e allora anche Arturo e Flora, come tanti palermitani, troveranno il coraggio di ribellarsi alla cultura dell’illegalità e di dichiarare, finalmente, il loro amore.

 

con Cristiana Capotondi, Pif, Claudio Gioè
durata: 90'
età consigliata: dai 12 anni
   

trailer 

Sembra assurdo, ma si può sorridere anche quando si parla di mafia. Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, con La mafia uccide solo d'estate sceglie il registro della commedia per il suo primo lavoro dietro la macchina da presa. Aiuto regista di Marco Tullio Giordana per I cento passi, riaccende l’attenzione sul tema e lo racconta attraverso gli occhi di Arturo, un’anima candida in una realtà crudele e omertosa.

Pif viene dalla televisione - è stato, infatti una iena nel celebre programma di Italia 1 e curatore della trasmissione Il testimone per MTV - e questo emerge dall’uso del montaggio, a tratti serrato e dal sarcasmo che permea molta parte dello script: perché, come insegnano Aristofane o Pirandello, raccontare la verità con il sorriso può essere ancora più efficace.

Arturo è innamorato di Flora, ma c’è un rivale furbo e disonesto che anticipa le sue mosse; Arturo teme che gli uomini innamorati come lui vengano uccisi dalle cosche, ma il padre lo rassicura dicendogli che la mafia uccide solo d’estate e non in inverno; Arturo si domanda come mai Andreotti non abbia partecipato al funerale di Dalla Chiesa, ma l’uomo di Stato e amico degli amici preferisce partecipare ai battesimi. Arturo vive e cresce nella Palermo degli anni 70 e del ventennio successivo, quegli anni di paura, di bombe, di attentati. E di tanta indifferenza. Arturo fa fatica, quindi, a comprendere cosa significhi avere coraggio - magari per dire “Ti amo” alla persona a cui si vuole bene da sempre - e ribellarsi alla cultura del silenzio - come gli insegnano invece in famiglia e in parrocchia - della raccomandazione e della violenza.

Pif mantiene a lungo la cinepresa ad altezza di Arturo, guarda la sua città e i suoi concittadini con gli occhi azzurri spalancati, cerca di capire da che parte stare. Ma indizi di cambiamento ci sono: i boss, in particolare Riina, sono tratteggiati con quell’ironia che capovolge il tragico in comico e viceversa, come quando Peppino Impastato si rivolgeva a Badalamenti con l’appellativo di “Tano Seduto”, firmando forse così la propria condanna a morte. Perché anche le parole possono essere un’arma potente.

Così come le parole sono importanti soprattutto se mantengono viva la memoria collettiva. Ed ecco, allora, che il finale del film si fa serio e coinvolgente: dopo l’ennesimo assassinio, con i corpi straziati dei giudici e della scorta, si leva il grido di rabbia e di dolore di un popolo che per troppo tempo è stato schiacciato dalla paura. Urlano i palermitani la loro stanchezza, la loro indignazione; chiedono l’intervento dello Stato, chiedono di non essere lasciati soli come quei martiri che hanno dato la vita per restituire pace e legalità a una terra tanto bella e tanto ricca di cultura.

Nel tumulto della folla, tra le lacrime e l’esasperazione, Arturo e Flora si riconoscono nei nuovi valori condivisi e si baciano: un bacio appassionato che riconferma la vita sulla morte.

La vita si rinnova negli occhi, sempre belli, sempre azzurri, del loro figlio: quel bambino che i due genitori portano in giro per la città, in un originale pellegrinaggio, sotto le targhe dedicate ai caduti per mafia e per l’ignavia delle istituzioni: le parole del padre raccontano al figlio le storie di quegli uomini, di quelle donne, di quei ragazzi che hanno lottato per tutti noi e per le future generazioni e noi dobbiamo ricambiare prendendo in mano il testimone e la stessa responsabilità.

                                                                          Alessandra Montesanto

 

 

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