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La fattoria dei nostri sogni [The Biggest Little Farm]



Clip di presentazione del film
 
  Regia: John Chester
Soggetto e sceneggiatura: John Chester, Mark Monroe
Fotografia: John Chester, Mallory Cunningham (collaborazione), Benji Lanpher (collaborazione), Kyle Romanek (collaborazione)
Montaggio: Amy Overbeck
Musica: Jeff Beal
Interpreti: John Chester (se stesso), Molly Chester (se stessa)
Origine: Usa, 2018
Distribuzione: Teodora Film
Durata: 91 minuti
Dagli 11 anni

TRAILER UFFICIALE
Scheda film da scaricare
 

Apricot Lane Farms è la realizzazione di un sogno. Un sogno che un cane di nome Tood tira fuori dal cassetto di Molly e John Chester, due professionisti californiani, foodblogger lei, videomaker lui, che sognano da tempo di trasferirsi in campagna. È infatti a Tood, adottato e salvato da morte certa, che i due giovani promettono una vita non più chiusa in un piccolo appartamento, e quando vengono sfrattati, i due giovani si fanno coraggio e spiccano il salto.

Parenti e amici li prendono in giro, ma collaborano con piccole donazioni che, unite al finanziamento richiesto e ricevuto, permettono l'acquisto di 200 acri di terra a Moorpark, a nord di Los Angeles. È un appezzamento abbandonato da tempo, per cui inaridito e inospitale. Fondamentale è l'aiuto di Alan York, un esperto agronomo, che li indirizza a compiere i passi necessari per trasformare la fattoria e ridarle vita.

In otto anni Molly e John lavorano a 75 varietà di coltivazioni biodinamiche e allevano 850 animali di specie diverse. Le difficoltà sono tantissime, tra invasioni di lumache, agguati notturni di coyote e incendi, ma credere fortemente nella loro impresa permette ai due giovani di riuscire a coronare il sogno di una vita.

Quando l'amico mentore Alan li lascia, per loro è un duro colpo, ma la natura li ricompensa con l'arrivo di un nuovo membro della famiglia, il piccolo Beauden, primogenito della coppia.
 
 
Perché è piaciuto tanto agli americani questo film documentario che, inizialmente proiettato in sole cinque sale, ha conquistato velocemente, grazie al passaparola, 285 schermi? Perché ci parla della realizzazione di un sogno. E ci mostra come fare, quale percorso intraprendere, quali insidie e valori sui cui puntare. Ci dice che è possibile.
Se i giovani, un po' in tutto il mondo, si stanno ribellando a un sistema sociale ed economico che va compromettendo la salute del pianeta e di conseguenza la vita dei suoi abitanti significa che sta nascendo una nuova consapevolezza. Sono ragazzi che non si rassegnano alla vita che è stata disegnata per loro e chiedono a gran voce un cambiamento. Anche in Italia non sono più un numero esiguo coloro che sono pronti a evadere dalle grandi città, rinunciando anche alle agiatezze che la vita cittadina offre, per affrontare con coraggio la fatica di tornare alla terra, spesso abbandonata dai loro nonni o bisnonni.
È quello che fanno veramente Molly e John, nel 2000, lasciando Santa Monica per trasferirsi in un appezzamento di terra che a prima vista sembra impossibile recuperare. Tanto più che il loro progetto è ambizioso, vogliono dar vita a un’agricoltura biodinamica, rispettosa del sistema naturale che si basa su due concetti chiave: la biodiversità e la sostenibilità. In quest'ottica anche i momenti difficili possono diventare un'opportunità. Tutto, in natura, è legato: ogni elemento, anche quello che sembra negativo, ha un suo scopo e un suo significato, persino la morte rigenera vita. Certamente non si può cercare un guadagno facile; bisogna aver pazienza, osservare, imparare e non arrendersi davanti alle avversità. Se si cade, ci si rialza e si riparte.
Le riprese girate in tempo reale durano otto anni, quanto il tempo del progetto e sono realizzate in diversi stili: si va dall'animazione a scene al rallentatore, ad altre accelerate, ad altre con camera a mano e altre ancora tramite droni. La voce fuori campo che accompagna le immagini è quella di John, di fatto regista del documentario.
La musica sottolinea ed enfatizza le varie scene trasmettendo di volta in volta tensione o divertimento. Si tratta di un documentario e, come sostiene Slavoj Zizek in Paura delle lacrime vere, anche in questa tipologia filmica, per forza di cose, si utilizzano i mezzi tipici della fiction. Gli episodi realmente accaduti sono ricostruiti per lo spettatore. Una realtà interpretata. Ne risulta comunque un mix piacevole che cattura chi guarda e ben illustra le fasi della trasformazione di un territorio. Se manca il dato del costo economico dell'impresa, dato che per altro avrebbe un significato parziale perché legato al dove e al quando, è accattivante osservare i visi dei due protagonisti che non comunicano mai frustrazione, bensì fiducia.
Quella che sembrava un'utopia diviene una riorganizzazione dei propri orizzonti, la ricerca di un nuovo equilibrio. Ridare un futuro a una fattoria, ma anche e soprattutto a se stessi. Cambiando lo sguardo. Quando John imbraccia il fucile per sparare a un coyote che minaccia le sue galline, si e ci pone un quesito fondamentale. Che valore ha il suo gesto? Quanto la antropomorfizzazione incide sulla natura? Fino a dove l'uomo può spingersi? In fondo, come sostengono i due protagonisti, si tratta sempre di gestire una “disarmonia sostenibile”.
Franco Brega, Tullia Castagnidoli
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