Regia: Gillo Pontecorvo Soggetto e sceneggiatura: Franco Solinas, Gillo Pontecorvo Fotografia: Marcello Gatti Montaggio: Mario Serandrei, Mario Morra Musica: Gillo Pontecorvo, Ennio Morricone Interpreti: Saadi Yacef, Jean Martin, Brahim Haggiag, Fawzia El Kader, Ugo Paletti, Tommaso Neri, Mohammed Ben Kassen, Franco Morici Origine: Italia, 1966 Distribuzione: CG Entertainment Durata: 121 minuti Dagli 14 anni
Le due comunità e i due luoghi per la Battaglia
Il film racconta la storia del FLN (Fronte di Liberazione Nazionale) dal 1954 al 1957, concentrandosi sulla battaglia di Algeri, che rappresenta l'episodio più cruento di guerriglia urbana nella lotta per la liberazione dell'Algeria dalla dominazione francese. In quest'opera la narrazione procede senza ricorrere al classico sistema dei personaggi: Alì La Pointe così come il colonnello dei paras francesi Mathieu, che potrebbero essere considerati dei protagonisti, identificano in realtà le due nazioni in lotta: il primo, analfabeta, emarginato e presentato come un piccolo delinquente è la nascente Algeria, il secondo, invece, è la potentissima, razionale e cinica Francia, che ha deciso la repressione del movimento ribelle per mantenere il controllo della colonia. Il racconto è quindi corale e procede attraverso la radicale contrapposizione delle due comunità continuamente ribadita anche dalle due parti in cui è divisa Algeri: la Casbah e la città francese. La prima, arroccata su un colle che domina il porto, si presenta come un dedalo di vicoli strettissimi e invasi dagli arabi, le costruzioni accostate senza soluzione di continuità con interni caratterizzati da piccole stanze, passaggi segreti e scale, che mettono in comunicazione gli spazi privati con il luogo nuovamente comunitario rappresentato dalle terrazze. La città francese, appiattita invece lungo il mare, è moderna e si presenta con viali larghi, dritti e trafficati dai francesi, con palazzi monumentali che dominano con il loro biancore il porto, quartieri popolari ordinati come caserme e, infine, le ville con ampio giardino dei ricchi francesi algerini. Come le due città rappresentate nella Battaglia, così anche le due comunità che le abitano mostrano un volto completamente diverso: gli arabi nella Casbah sostengono la causa del FLN nella misura in cui la cellula degli insorti si innesta nella tradizione e, rinnovandola, la proietta nella futura Algeria libera. Questo processo è evidente nel matrimonio messo in scena nel film e celebrato da un membro del Fronte proprio quando iniziano le azioni terroristiche. La società francese algerina, invece, è mostrata soltanto dal punto di vista della borghesia agiata, contraddistinta da un marcato individualismo, dall'esibizione della propria ricchezza e dalla intransigente volontà di non scendere a patti con la maggioranza araba, odiata e considerata subalterna. Il volto collettivo di questi francesi è quello dei paras, della loro spietata e fredda efficienza nella repressione. La vittoria militare della Battaglia spetterà alle forze coloniali provenienti dall'Europa, ma la guerra sarà vinta dal popolo arabo che, grazie all'azione del FLN, riuscirà a fondere la causa dell'indipendenza con la forza e le radici arcaiche della tradizione. Questo decisivo mutamento nello spirito collettivo è rappresentato dall'uso di alcune forme di canto rituale tradizionale per sottolineare e commentare, non gli eventi prescritti dalla tradizione (matrimoni, funerali, feste), ma quelli cruciali della Battaglia e il finale.
La rivoluzione e lo spettacolo cinematografico La battaglia di Algeri film rappresenta un punto di riferimento per il cinema politico poiché riesce a trattare l'argomento della rivoluzione ricorrendo alla fusione delle esigenze compositive del documentario con alcune caratteristiche tipiche dello spettacolo cinematografico. L'aspetto del documentario è stato realizzato grazie ad un rigoroso lavoro di raccolta di testimonianze e documenti, condotto su fonti algerine e francesi, alla scansione cronologica dei fatti realizzata con didascalie, al ricorso agli attori non professionisti, al montaggio da reportage d'attualità e al missaggio, che combina la musica e gli altri elementi del sonoro con l'immagine non solo per ottenere una particolare tensione emotiva, ma anche per suggerire un concetto. A questo impianto si contrappone la costruzione delle sequenze dei numerosi attentati (sparatorie ed esplosioni) condotta secondo le classiche regole della suspense, che ottiene così il pieno coinvolgimento dello spettatore nell'azione.
La fortuna del film
Fin dalla sua presentazione al XXVII Festival del Cinema di Venezia (1966), in cui si aggiudica il Leone d'Oro, il film scatena le più diverse reazioni: in Francia il governo assicura che non sarà proiettato nelle sale e nemmeno saranno utilizzati spezzoni per le trasmissioni televisive. I giornali francesi condannano all'unanimità la sua vittoria al Festival. La visione nelle sale francesi della Battaglia di Algeri è proibita fino al 1971 e ostacolata soprattutto dall'ostilità degli ex combattenti, dei militanti di destra e dei francesi algerini rimpatriati (pieds-noir). L'accoglienza negli Stati Uniti è segnata, invece, da un successo strepitoso di critica e di pubblico e le minoranze radicali e di colore (Pantere nere) accolgono il film addirittura come un caso di studio per i metodi di lotta armata contro il potere costituito. La critica americana ne apprezza proprio lo stile in grado di fondere il documentario (il realismo) con gli stilemi del cinema classico (fluidità del racconto e slancio epico). Il successo americano della Battaglia di Algeri spinge anche la critica italiana ad una accoglienza più attenta. Ma più che rimarcare i pregi o i difetti dell'opera sia dal punto di vista dei contenuti che della forma, è più utile inserire Pontecorvo nel contesto del cinema italiano degli Anni '60. Questo regista con la sua Battaglia rappresenta uno dei cineasti più importanti di una generazione che continua a coltivare i sogni utopici di una rivoluzione sociale, culturale e politica, ma deve proiettarli in realtà completamente diverse e lontane dalla civiltà di provenienza, rivolgendosi al Terzo Mondo.
Una nuova “Battaglia”
A distanza di quasi sessant'anni dall'uscita del film, il quadro politico culturale dell'Algeria si trova oggi in una fase di difficile transizione: dopo circa dieci anni di guerra civile negli Anni '90 e cinquanta di potentato del clan del presidente Bouteflika, gli algerini chiedono una nuova costituzione e nuove elezioni da cui siano esclusi i precedenti funzionari, il vecchio presidente e il suo primo ministro. Durante la Primavera araba, il popolo algerino con la sua pacifica manifestazione di profondo dissenso ha tentato di avviarsi finalmente ad una forma di democrazia matura, che superi il monopolio del potere da parte dei clan, la corruzione, il nepotismo, il potere dell'esercito che può far fallire in ogni momento qualsiasi sogno di sovranità popolare e, infine, la stagnazione economica e culturale. L'Algeria dovrà ritrovare lo stesso spirito e la stessa coesione rappresentate nella Battaglia di Pontecorvo per contrastare il vecchio e cadente, ma radicato, sistema di potere che finora ha impedito a questa giovane nazione, che è stata un esempio nella lotta per la decolonizzazione dell'Africa, di entrare nella modernità.
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