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Clip di presentazione del film
  Regia: Samuele Rossi
Soggetto: liberamente ispirato al romanzo Il Bambino di Vetro di Fabrizio Silei
Sceneggiatura: Samuele Rossi
Fotografia: Ariel Salati
Montaggio: Marco Guelfi
Scenografia: Stefano Giambanco, Maria Gruber
Costumi: Sabrina Beretta
Musica: Marco Werba (originale), Maria Soldatini (originale), Louis Siciliano (originale)
Interpreti: Andrea Arru (Pino), Loretta Goggi (Nonna), Giorgia Würth, Massimo De Lorenzo, Giorgio Colangeli, David Paryla, Pascal Ulli, Rosa Barbolini (Mavi), Stefano Trapuzzano (Ciccio), Gabriel Mannozzi De Cristofaro (Domenico), Mia Pomelari (Mei Ming), Luca Cagnetta (Gianni)
Origine: Italia/Svizzera/Austria 2020
Distribuzione: Solaria Film
Durata: 90 minuti
Dai 9 anni

TRAILER UFFICIALE
Scheda film da scaricare
 

Pino è un ragazzo di undici anni, di famiglia altoborghese, che vive recluso a motivo di una malattia molto grave che, se vivesse come tutti gli altri, lo potrebbe uccidere “rompendolo in mille pezzi”. Dalla finestra è solito osservare col binocolo i giochi spensierati di un gruppo di quattro ragazzi del quartiere, gli Snerd, capeggiati da Mavi (una ragazza che pare un maschio per i capelli cortissimi e soprattutto per il suo tratto da leader). Quando si accorge di essere osservato da loro, precipitosamente si ritira dalla finestra, finché un giorno Mavi, seccata dal continuo spionaggio, lo invita a unirsi al gruppo.

Ma lui non può perché la nonna con ferrea determinazione ribadisce l’obbligo della segregazione, dato che è affetto dalla stessa malattia del nonno. Una panoramica sulla sua camera mostra in bell’ordine i suoi giochi di bambino fantasioso e solitario, che per compensazione fantastica ama vestirsi da supereroe.

L’insegnamento stesso gli è impartito in casa da un precettore interessato e servile a cui Pino, uscito, manomette la macchina e i ragazzi del gruppo lo difendono. La mamma li invita in casa a fare merenda, mentre la nonna li esamina criticamente e d’improvviso al ragazzo esce sangue dal naso.

Un giorno Pino sparisce: la nonna lo ha sequestrato e rinchiuso in un maniero al nord, oltre il confine. Gli amici partono in bicicletta per cercarlo e liberarlo.

 
 
Tratto dal libro di Fabrizio Silei, del 2011, vincitore del “Premio Andersen 2012”, il film è una fiaba moderna. Della fiaba ha la divisione dei personaggi in buoni e cattivi (protagonista, antagonista, aiutanti) e la prova, il rischio, la vittoria finale del bene sul male, l’inverosimiglianza, l’insegnamento morale (che emerge dalla vicenda e dalla valenza dei personaggi) sull’amicizia e la solidarietà che determinano il successo finale, sul valore della comunicazione e della relazione, sul desiderio di libertà e avventura, sulla paura e la necessità di vincere la propria fragilità, sulla crescita e il coraggio di vivere. Del resto l’incipit, con la voce fuori campo che introduce i fatti collocandoli in un ambiente favoloso, chiarisce l’angolazione dell’apologo, annunciandone una morale. Della fiaba il film ha anche la valenza simbolica: i temi della paura di vivere e della fatica di crescere sono simboleggiati dalla malattia, dato che tutti i ragazzi, sulla soglia dell’adolescenza, si sentono fragili, “diversi” dagli altri. Questo sentimento di insufficienza, ribadito dalla nonna, rappresenta la voce interiore dell’inadeguatezza soggettiva di Pino che “non è come gli altri ragazzi”.
Sul piano psicologico l’inizio della trasformazione interiore del protagonista si verifica quando i ragazzi, dopo l’accoglienza nel gruppo, confessano i loro problemi fisici e psicologici e lui da parte sua dichiara di abbandonarsi alla musica e alla danza quando si sente giù. In sostanza quando intervengono relazione e comunicazione a sbloccare la chiusura.
La costruzione del racconto si giova di strumenti stilistici interessanti, utilizzati per significare lo straniamento del protagonista, specie nei momenti di mancamento psicologico e fisico. Compaiono immagini molto belle: il viso della mamma che lo chiama, quando Pino perdendo sangue dal naso va in deliquio, fino al nero, poi l’immagine di lui che galleggia sott’acqua e infine torna a vedere nitidamente il viso dei suoi. Così pure il cielo stellato che lui e Mavi osservano: essi compaiono a galleggiare tenendosi per mano. Altrettanto va detto delle immagini sfocate fino al nero, mentre si ode il suono dell’ambulanza, fino alle inquadrature di nuovo nitide, quando il protagonista, aggredito dal bullo del quartiere, viene portato d’urgenza in ospedale. Anche qui l’immagine del suo smarrimento è quella di lui sott’acqua. C’è poi la soggettiva della nonna, quando sviene e rinvenendo vede dal basso il viso dei ragazzi. Piena di fascino, quasi una citazione, è l’immagine dei ragazzi che sfilano in bici sull’orizzonte di una collina in controluce su un tramonto rosso e oro. Bella ancora l’ultima scena del gruppo ricostituito, con i ragazzi che giocano con l’acqua dopo che vien detto che Pino “aveva finalmente una vita da vivere”. Quindi la cinepresa arretra e in un’inquadratura dall’alto compare il quaderno di Pino con i disegni fatti da lui di tutti i suoi amici, che fin dall’inizio aveva ritratto come protagonisti di un fumetto. Questo vuol forse significare che quanto visto è stato un sogno, una fantasia liberatoria del ragazzo che dopo anni di soggezione e paura ha conquistato se stesso e il proprio futuro.
Il film ha vinto il premio ECFA (miglior Film Europeo per Ragazzi).

Amelia Tronconi
 
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