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DOVE BISOGNA STARE di Daniele Gaglianone

.. I MESTIERI DEL CINEMA...

     
 

Lorena, Elena, Jessica e Georgia non si conoscono, vivono geograficamente lontane fra loro, eppure hanno in comune moltissimo: hanno scelto di aiutare i migranti in cammino sul territorio italiano. Le località nelle quali vivono e operano, Como - Cosenza - Pordenone - Val di Susa, rappresentano simbolicamente il Nord, Sud, Est e Ovest della nostra penisola.  Sono realtà differenti, come differenti sono le età e le personalità di queste quattro donne che parlano e affrontano i problemi come se fossero una sola persona. Hanno deciso di aiutare i migranti a casa nostra, perché incapaci di fare finta di non vedere.

Georgia vive a Como e fa la segretaria. Un giorno si è imbattuta in un centinaio di migranti accampati in città, si è fermata a dare una mano e non ha più smesso. Jessica è di Cosenza, è la più giovane e collabora alla gestione delle abitazioni abusive con il Centro Sociale Rialzo. Lorena è una psicoterapeuta che non riesce ad accontentarsi del suo essere felicemente pensionata perché sente forte l’urgenza  di essere dove c’è bisogno di aiuto. Per finire Elena vive a Oulx, alta Val Susa, e quando incontra un giovane emigrato che ha i piedi seriamente congelati per aver camminato a lungo nella neve con scarpe di tela, le viene spontaneo ospitarlo a casa sua e offrirgli cura e assistenza.

Queste quattro donne non sono supereroi. Se le loro scelte rischiano di rappresentare un’anomalia è perché l’indifferenza sta diventando una nostra compagna di viaggio.

 

 

con: Jessica Cosenza, Lorena Fornasier

durata: 98'

età consigliata: dai 12 anni

 

   

trailer 

 

Nella nostra società complessa dove, chiuso l’uscio di casa, tutti diventiamo estranei, dove l’unico sentimento che coltiviamo con tenacia è la salvaguardia dei nostri privilegi, è confortante e stimolante conoscere la storia di queste quattro donne, normali, che con normalità, come dovrebbe essere, non fanno finta di non vedere e si prendono cura di chi hanno vicino. Lo fanno senza giudicare, senza chiedere nulla in cambio. Lo fanno perché hanno chiaro dove devono stare.

Accogliere in un mondo che respinge è quello che fanno Lorena, Jessica, Elena e Georgia, a latitudini diverse e con differenti modalità, perseguendo lo stesso obiettivo, puntando nella stessa direzione. Quattro ritratti, quattro storie che si incrociano, si sovrappongono, perché è più forte ciò che le accomuna da ciò che le separa. Il docu-film, strutturato in capitoli, ci guida in questa commistione mischiando le storie e accavallando le voci delle protagoniste che invadono gli spazi scenici delle altre.

Gaglianone non racconta i migranti, perché nella realtà essi sono per lo più invisibili. Se proprio li deve mostrare, li riprende di spalle, ad esempio quando lottano contro il dolore fisico di arti congelati, e così facendo la loro presenza diventa ancora più forte. Il regista sceglie di mostrare noi, liberi cittadini, che non sempre abbiamo chiara la scala di valori su cui coniugare il nostro vivere quotidiano. Ci mostra anche che fare il volontario non è sempre gratificante. Ci sono crisi: le nostre e quelle delle persone di cui ci prendiamo cura. Il desiderio di fare del bene non sempre basta, non è quasi mai risolutivo. Anche il migrante deve combattere con le proprie insicurezze, le proprie paure, le proprie resistenze. Anche lui deve dare la colpa a qualcuno. In proposito bellissime le parole che un padre pronuncia all’orecchio della propria bambina nell’affidarla ai volontari: “Anche se è bianco, di lui ti puoi fidare”. Già, perché non ci ricordiamo di essere stati per secoli i predatori delle loro terre, delle loro ricchezze, delle loro vite.

Georgia, a Como, terra di confine, si pone una domanda un po’ naif: “Perché io posso andare oltre la frontiera e loro no?”, sa bene quale sia la risposta. Perché vietare di andare crea un grande business. La libertà di movimento è una questione che non riguarda solo i migranti. Così come l’ennesimo decreto sicurezza non parla solo a chi lascia la propria patria per avventurarsi in un nuovo spazio, parla ai poveri, perché non è il colore della pelle che fa la differenza. E’ la povertà che fa paura. E questa assurda guerra tra ricchi e poveri la vinceranno i poveri, perché sono più numerosi e forti.

Riusciremmo noi ad attraversare un deserto, a subire prigionia, stenti, fame, vessazioni e magari un naufragio? Riuscirebbero i nostri giovani ad affrontare tutto ciò? Noi siamo stati preparati principalmente a consumare, a coltivare individualismo e indifferenza. Per fortuna questo film ci mostra l’urgenza di mettere al centro dignità e giustizia, di guardare l’uomo per ciò che ha in comune con l’altro uomo e fa piazza pulita  della domanda “Ma io cosa posso fare per un problema così grande?”. Queste quattro donne, partendo dal pragmatismo, propongono un’altra via. Il desiderio di cambiare prospettiva non è una scelta politica, è antropologica. “L’esperienza di strada con i rifugiati ci ha rovinato tutte le nostre amicizie - dice Lorena nel film - ma l’assistenza non è politica. Credo di far politica senza saperlo”.

                                                         Franco Brega, Tullia Castagnidoli

 

 

                                                                                                   

 

 

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