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ALADDIN di Guy Ritchie

.. QUANDO IL CINEMA ERA MUTO...
 
 

Per le strade di Agrabah dilaga la povertà. La gente non possiede nulla, ha fame, vive di stenti e in molti si arabattano con piccoli furti quotidiani. È così per Aladdin, straccione e ladruncolo dal cuore buono e dall’animo nobile, che ruba per sopravvivere, donando spesso quel poco che ha a chi sta peggio.

Proprio tra le spoglie strade della sua cittadina, Aladdin incrocia il percorso di Jasmine, principessa in incognito, ingabbiata dalle logiche di corte e tenuta segregata a palazzo da un padre troppo protettivo che non vuole rischiare di perderla né riesce a comprendere il suo profondo desiderio di aiutare la sua gente e aspirare a molto più che al semplice ruolo di moglie.

Mentre il Sultano è concentrato a cercare un marito adeguato e facoltoso per sua figlia, il potente stregone Jafar, cerca in tutti i modi di impossessarsi del trono, ma il suo piano viene messo in crisi dal casuale incontro di Aladdin prima con Jasmine e poi con il Genio di una misteriosa lampada di cui il ragazzo si impossessa proprio per via del diabolico Jafar.

Sarà proprio il genio ad aiutare Aladdin a conquistare il cuore di Jasmine e l’ammirazione del Sultano, dando inizio a una pericolosa, elettrizzante avventura che prende vita tra le strade e i cieli di Agrabah.

 

con: Will Smith, Billy Magnussen, Naomi Scott
durata: 128'
età consigliata: dai 10 anni

 

   

trailer 

Prosegue la corsa della Disney con la realizzazione in live-action del classico film d’animazione del 1992, un film a metà tra musical e film d’azione, arricchito degli elementi tipici della commedia in stile Bollywood. La storia, ispirata al racconto della raccolta Le mille e una notte, è fedele al film degli anni 90 dal quale eredita anche alcune canzoni - “Il mondo è mio” e “Un amico come me” - ma riesce a prendere una piega inedita, conquistando un pizzico di modernità che la rendono attuale per i nostri tempi. Se il personaggio di Aladdin incarna le fragilità di un giovane talmente insicuro da fingersi qualcun altro pur di conquistare il cuore della bella Jasmine, Jafar è specchio dell’egoismo malato ed esagerato, mosso da brama e crudeltà. Ma è soprattutto con la caratterizzazione del personaggio di Jasmine che sceneggiatore e produttori si prendono le maggiori libertà. Non più solo una ragazza mossa dal desiderio di conoscere il mondo intorno a sé e pronta a saltare su un magico tappeto volante per esplorare gli angoli più affascinanti e reconditi della realtà, ma una donna ambiziosa e desiderosa di farsi carico delle difficoltà di un intero paese, se solo il sistema le concedesse un’opportunità. A sottolineare il concetto in chiave femminista del film sono  anche le canzoni, con Jasmine che ne conquista una nuova, dedicata alla tematica di sfondo. A completare il quadro c’è Will Smith, magico e dirompente genio della lampada che aggiunge ironia e simpatia all’intero scenario.
Il nuovo Aladdin è colorato e divertente, immerge lo spettatore nel magico universo orientale, affascina attraverso coreografie ricercate, musiche e ritmo coinvolgenti e aggancia chi guarda grazie all’ormai consueto effetto nostalgia. Proprio come molti altri film anche Aladdin va a inserirsi in quella lunga trafila di film Disney che fanno parte di una strategia narrativa il cui intento è di narrare in chiave moderna storie molto amate per far rinascere in chiave live-action personaggi del passato e restituire rigore e identità alla casa di produzione, storicamente nata con la mission di trasformare i sogni in realtà. Visivamente impeccabile e incantevole nella costruzione di alcune sequenze, dove si fanno onore i principali protagonisti, soprattutto il bravissimo Mena Massoud, il film  risente di qualche “freno” che sembra ingessare un po’ la mano artistica di Guy Ritchie. Proprio come ai predecessori, al regista spetta il difficile compito di osare ma non troppo, di arricchire (senza stravolgerlo) il materiale originale, dando vita a un film tradizionale e innovativo al tempo stesso. Compito difficile che in questo film pesa un po’ soprattutto a livello narrativo. La sensazione è di trovarsi di fronte a uno scenario che spinge forse troppo su temi morali e politici. Un altro limite del film è la difficoltà di rendere orecchiabili alcune canzoni che risentono di una forzata traduzione italiana. Più spassoso e armonioso rispetto al Dumbo di Tim Burton, anche Aladdin non riesce comunque a “spiccare il volo”. Conferma la sensazione di trovarsi di fronte alla scelta di eludere i rischi, preferendo scommettere sul sicuro. Una strategia che mal si sposa con la logica di Walt Disney, uomo disposto sempre a rischiare pur di rendere “possibile persino l’impossibile”.

                                                                                                 Marianna Ninni

 

                                                                   

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